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Sara Zuhra Lukanic

Principi fondamentali. Articolo uno. L’Italia è una Repubblica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Il maresciallo continuava a leggere.
Leggeva il testo tutto d’un fiato.
Senza alterazioni. Senza emozioni.
Come si addice alle grandi occasioni.
Io ero ferma come un palo, piantato sulla piazza del paese.
Intero.
Pronta per accogliere l’impiccato.
Prescelto.
Su di me.
Su quel tronco allestito in mezzo al campo sono stati appesi
tutti i ricordi della mia fanciullezza.
Stroncata.
Condannata alle forche.
Vostre.
Il palo della vergogna che mi ha tolto il padre.
Ingiustamente.

Articolo secondo. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Dove aveva sbagliato mio padre?
Il mio corpo non collaborava.
Era una giornata ventosa.
Avevo i capelli spettinati.
Il primo giorno che ero orfana di padre.
Tutta la mia famiglia era composta.
Raccolta come un libro.
Sola.
Un povero uomo contro il leone marino.
Una famiglia illusa.
Si erano sbarazzati di lui.
Come un topo della fogna capitolina
Che sbuca dall’altra parte del Tevere.
Rannicchiato dentro un bagaglio.
Senza pietà.
Un mondo di abbandonati.
Che mi sfida.
Respiro profondamente.
Il maresciallo continuava a leggere.
Quei Comandamenti una liturgia.
Tavole perse nel deserto mediorientale.
Sanguisughe dei miei giorni.

Articolo cinque. La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i modi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.

Lo Stato dov’era?
Il mio palo della vergogna.
Intere famiglie con domande come le mie.
Perse.
Vuote.
Nascondevano una debolezza come la mia.
Pericolosa.
Enorme.
Lo Stato era una montagna rocciosa e folle.
Degenerata.
La Repubblica,
quella una e indivisibile dell’Articolo quinto,
muta.
La mia famiglia sperava e sperava.
Io sapevo che non c’era nessun passaggio oltre la montagna.
La Repubblica era un cantiere abusivo.
Pesavano tonnellate le loro costruzioni pericolose.
I pallazzinari dello Stato.
Non parlavano.
Il maresciallo leggeva come in una recita scolastica.
Volevo capire dove mi trovavo.
Il maresciallo aveva la divisa che gli stava a pennello.
L’unica bellezza dentro a quel caos.
Un terminal di delusioni che prendevano il volo.
Continuo?
Continui. La prego.

Articolo settimo. Lo Stato e la Chiesa sono ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.

Lo Stato.
Pensavo io.
La Chiesa.
Pensavo ancora.
Indipendenti e sovrani.
Forse un incidente.
Che tipo d’incidente?
Io ero vulnerabile come un uccellino solo e in trappola
Un trabocchetto tra le parole.
Stroncate all’istante.
La guerra c’è ma non si vede!
Leggevo io sui muri dei palazzi romani.
Qualcuno gli avrebbe porto la guancia per fornirgli il perdono?
In questo paese c’era da aspettarselo.
Si chiede per primo il perdono.
Come una cambiale.
Come il credito per la lavatrice nuova.

Articolo dieci. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.

Avrei voluto che fosse stata una mano straniera
ad ammazzare mio padre come un agnello pasquale.
Una per sbaglio.
Mi piaceva quell’articolo dieci.
Avevo chiesto al maresciallo di ripetermelo.
Una.
Due.
Tre volte.
Lui lo aveva fatto.
Senza obiezioni.
Era gentile.

Articolo undici. L’Italia ripudia la guerra come strumento d’offesa alla libertà degli altri popoli…

Mi scusi.
Ho la gola secca.
Prendo un po’ d’acqua e continuo.
Quella Costituzione come davanti a una ghigliottina.
Le parole moleste che tagliavano la mia vita come la verdura a julienne.
Mentre il maresciallo faceva i gargarismi dentro la cucina,
Continuo?
Continui. La prego.

Articolo dodici. La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano; verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.

La mia bandiera di quel giorno di maggio era incolore.
Aveva un buco nel mezzo.
Un proiettile deformato in mezzo al mio cuoricino.
Era un lenzuolo che emanava sconfitta.
Bianco.
Di vergogna.
L’asciugamano sozzo e sudato che si tira in mezzo al ring.
Allo sbaraglio.
Lo Stato.
La Chiesa.
Quelli che fino al giorno prima avevano mangiato con mio padre.
Quelli che non volevano brindare con mio padre ieri.
Ma che avevano ugualmente continuato a mangiare.
Mio padre era stato ucciso dagli stessi che portavano quel tricolore.
Ieri e oggi.

Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale