Non so se si poteva chiamarla cantina –
non era buia, un raggio di luce
entrava da una finestra in alto –
A volte giocavamo nella penombra
a saltare, da un cesto di ferro.
Quel giorno lo sentivamo: qualcosa
sarebbe successo. Eccitate,
gustavamo la nostra paura.
Quando un piede mi s’impigliò
in un filo caddi, male,
battendo il viso sul cemento.
Mi calò il sangue dal naso.
Passarono gli anni prima che capissi:
quello era il giorno
di Ethel e Julius Rosenberg