Su Santa Gianna (1922-62) che morì dopo aver rifiutato le cure mediche a lei necessarie per salvare la vita della sua bambina non ancora nata

Sally Read

Tornando a casa nel Suffolk sono gli alberi d’inverno che
mi colpiscono: cartilaginei e intricati come bronchi in sezione.
Nessun ribollire di verde o piume. Ci vorrebbe
un brulicante calore per far germogliare la fede
di Giovanna, gli stormi di angeli surrogati

che immagino abbia convocato. Penso a lei
mentre entro in casa, e, in punta di piedi,
sistemo un barattolo sullo scaffale più alto in cucina. Così in alto –
così fuori dalla mia portata – che quasi scivola indietro
e cade a terra con fragore. Penso che lasciare un bambino

dev’essere così: sollevarlo verso
il futuro – lontano – oltre i confini possibili
dei polpastrelli impotenti. I neonati separati
dalle madri non hanno una casa in cui tornare;
l’aria può avere sempre l’odore di una casa altrui.

La mia bambina dorme, sebbene incubi nuovi
la sveglieranno, prove necessarie della perdita.
Fuori alberi dalle forme incostanti nel crepuscolo viscido;
una mente pronta potrebbe vederci un volto. Ma solo il mio
appare sul vetro, bianco ed esangue come fiamma.